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Redazione

8 agosto 1944, la rappresaglia a Settimo Torinese


L'impiccagione di sei giovani partigiani, martedì 8 agosto 1944, sot­to il ponte dell'autostrada Torino-Milano, nei pressi della cascina Pramolle, destò sincera commozione nella gente di Settimo. La mattina di quel giorno, tre militari tedeschi acquistarono un rotolo di robusta corda nella bottega del sellaio Benedetto, a Setti­mo Torinese. Presso il casello dell'autostrada erano in attesa sei prigionieri: dal vicino cavalcavia furono fatti penzolare sei cappi. Le impiccagioni procedettero con ritmo lentissimo, sotto gli occhi di pochissime persone: fra queste, la guardia municipale Antonio Catta­neo, trovatasi a transitare nei pressi dell'autostrada, di ritorno dalla borgata Fornacino.

Per eseguire la rappresaglia, a quanto pare, i tedeschi scelsero casualmente sei uomini fra i prigionieri che si trovavano nelle loro mani. I corpi dei sei partigiani rimasero appesi per l'intera giorna­ta. Ai piedi di ogni vittima, un cartello ammoniva: «Sono un bandito, ho vilmente ucciso soldati germanici». Prima di sera, alle autorità comunali fu imposto di provvedere al trasporto delle salme al cimitero. Un uf­ficiale tedesco, presente all'operazione, si rifiutò di fornire rag­guagli sull'identità delle vittime.

A guerra finita fu possibile identificare tre salme. Erano quelle di Bruno Barone di Bussoleno, Luciano Bertolino di Cuorgnè e Spirito Dama di Candelo, poi traslate nei rispettivi paesi d'origine.

In seguito, le tre salme non identificate vennero sepolte a Torino, nel mausoleo dei partigiani, a cura di Nicola Grosa, già commissario politico della seconda divisione Garibaldi, quindi vice­commissario di guerra della quarta divisione.

In quello stesso giorno a Milano, una bomba esplodeva in un autocarro tedesco. Il giorno successivo, un ufficiale della Milizia veniva ucciso a Piazzale Tonolli. Il 10 agosto, scattava un'altra terribile rappresaglia: all'alba, quindici ostaggi in mano ai nazifascisti venivano fucilati in piazza Loreto . I cadaveri furono lasciati per ore allo sguardo dei passanti, come monito alla popolazione. Meno di un anno dopo, piazzale Loreto sarebbe ritornato non a caso alle cronache, all'indomani della Liberazione.


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